Miracoli e leggende

Sant’Erasmo salva un condannato dal patibolo

Il Sacerdote Salesiano Angelo M. Rocca, in un opuscolo riguardante il Santuario di Sant’Erasmo in Carema (Torino), afferma che Sant’Erasmo occupa il terzo posto nel numero dei sette Santi a cui, come si crede, il Signore non nega grazia alcuna e nel rievocare le virtù di tale apostolo della fede narra del seguente miracolo: «nell’anno 1290, essendo Vescovo di Gaeta Matteo Baraballo (1290 – 1305), un povero catalano fu condannato al patibolo per un grave delitto che gli si imputava, e del quale egli protesta vasi con tutte le ragioni e forze innocentissimo. Pianse l’infelice, pregò, giurò più volte la sua innocenza, ma nulla valse. Fu condotto sul patibolo e giustiziato! Ma nell’istante stesso che il corpo del disgraziato penzolò dal capestro, una luce misteriosa l’avvolse, e da S. Erasmo, visibilmente apparso, alla presenza di tutto il popolo, furono spezzati i ferri e le corde del laccio e sano e salvo fu liberato dalla morte quell’uomo che tanto aveva pregato il Santo a volerlo proteggere e difendere in quei dolorosissimi momenti».

(cit. I Santi Erasmo e Marciano Vescovi e Martiri – Mons. P. Capobianco – Gaeta 1986).

 

 

Sant'Erasmo e il miracolo dell'anello

La leggenda narra che: «un tempo una grave carestia minacciava l'antica e nobile città di Gaeta, erano i primi secoli bui del medioevo, le antiche città romane del golfo erano state ormai distrutte e saccheggiate più volte dalle guerre, invasioni, dominazioni, e in ultimo anche dai saraceni. La città restava l'unico baluardo nella zona governato da libere istituzioni, la tenacia e l'intraprendenza della sua popolazione l'avevano resa forte nella difesa e florida nei commerci, ma non mancarono momenti difficili nei quali la fede cristiana e l'autorevolezza delle proprie leggi la salvarono dalla rovina.
Quelli erano giorni tristi e interminabili, poiché i magazzini delle granaglie, gestiti dai magistrati civici, erano del tutto vuoti, e il popolo ridotto quasi alla fame, e scarsi erano i traffici marittimi perché le navi non avevano di che approvvigionarsi.
Se non che un giorno apparve da "Punta Stendardo" un grosso bastimento da carico. La nave, che viaggiava verso nord, attraverso le segnalazioni, fece richiesta di attraccare in porto. Dopo i primi controlli a bordo, la pesante catena di ferro, a sbarramento della darsena, venne tirata su dall'enorme argano, e la nave poté finalmente attraccare in banchina.
Appurato che si trattava di una nave carica di grano diretta a Genova, il Console e gli altri magistrati pensarono di riunirsi al più presto per adottare opportuni provvedimenti.
Trascorse alcune ore dall'ormeggio, il comandante, si soffermò sul ponte della sua nave per dare un'occhiata tutt'attorno e, osservando bene, assistette alla vista di un paesaggio quasi spettrale: uno dei porti più trafficati del mediterraneo era servito da pochi addetti e le sue banchine quasi deserte, sceso a terra e affacciatosi dalla Porta a Mare lungo la via che rasentava le mura del porto scorse che le diverse apoteche e tabernae erano chiuse, e quelle aperte completamente vuote. Insomma la città sembrava in preda ad una vera e propria pestilenza, e una sorta di funesto presagio assalì l'esperto uomo di mare deciso quasi a levar nuovamente le vele per mettere la prua al vento. La giornata volgeva al termine e il comandante, che aveva visto altre volte nella sua vita quelle scene, fu preso dal dubbio e dallo sconforto, e mentre osservava pensieroso dal castello di poppa il sole che calava sulle dolci alture che facevano da cornice alla bellissima rada, all'improvviso vide farsi avanti sulla banchina una figura misteriosa: un uomo dalle giovani e belle sembianze, dall'aspetto etereo e misterioso, vestito da una candida veste bianca e avvolto da un elegante mantello di color rosso. Il comandante, incuriosito dal suo sguardo fisso sulla nave, subito si avvicinò e gli domandò: chi siete mai Signore?
L'uomo, sollevato il braccio destro da sotto il mantello, lo tese verso di lui e con la mano sinistra estrasse dalla destra un anello dalle fattezze eccezionali, sul quale era incastonato uno smeraldo color acquamarina di enorme dimensioni, e porgendoglielo rispose a gran voce: Oh uomo, ti prego, da' il grano alla mia gente, sta morendo di fame… Questo anello ti ripagherà abbondantemente. Il povero uomo sbigottito da quella affermazione rimase immobile e, mentre rifletteva tra sé e sé, si accorse che la figura misteriosa era improvvisamente svanita.
All'alba il comandante ordinò all'equipaggio di prepararsi al viaggio e decise così di salpare. Ripresa la navigazione la nave si trovò a costeggiare le falesie di Monte Orlando e, reso il dovuto omaggio alla SS. Trinità, superata la selvaggia e ampia spiaggia di Serapo, arrivati a "Punta Catena", lì dove sorgeva l'antico Santuario in onore di Maria, il vento iniziò a soffiare da libeccio in maniera violenta e inesorabile, una vera e propria burrasca, strana e inaspettata per quel mese primaverile. Il comandante fu costretto, suo rammarico e con grande difficoltà, a far ritorno in porto.
Trascorsa la mattinata a sistemar le vele ed il sartiame per la mareggiata, il vecchio uomo di mare nel pomeriggio si lasciò andare al riposo. Al tramonto uscì dall'alloggio per passeggiare sul ponte della nave e con grande stupore rivide farsi avanti la figura misteriosa del giorno prima, ma questa volta il suo sguardo non era più sereno ma serio, e i suoi occhi emanavano un non so che di meraviglia e terrore allo stesso tempo.
Il comandante rimase immobile mentre la figura si avvicinava lentamente sulla banchina, e all'improvviso dal basso questa esclamò a gran voce: perché non vuoi dare il grano alla mia gente, non vedi che muore di fame? Ecco il mio anello, prendilo, è di grande valore e ripagherà il tuo carico e ti proteggerà! E subito estrasse la mano da sotto il pesante mantello e nel tenderla verso di lui uno degli ultimi lembi di sole attraversò lo smeraldo grandissimo che la ricopriva, e la luce le riflesse in modo accecante negli occhi. Il comandante d'istinto portò la mano al volto per proteggere la vista, e quando la tolse non vide più la figura misteriosa.
Il giorno dopo decise nuovamente di prendere il mare ma ancora una volta fu costretto a riparare in porto a causa di un improvviso fortunale. Con l'animo agitato e sofferente decise di aspettare al tramonto l'uomo dell'anello, determinato questa volta a parlargli chiaramente.
Al tramonto, mentre fissava assorto la rada, si volse a guardare verso il fianco della nave che dava sulla banchina, deciso finalmente ad affrontare l'uomo che da due giorni tormentava le sue notti, ma all'improvviso fu assalito da uno spavento, e un brivido gli attraversò tutto il corpo: la figura che cercava era proprio davanti a sé sul ponte della sua nave.
Atterrito indietreggiò subito e poi si rivolse bruscamente all'uomo: Ma chi sei? Che vuoi da me? Non posso cedere il mio carico altrimenti le conseguenze sarebbero tremende! Dimmi chi sei e perché non vuoi che la mia nave riprenda il mare!
Ma la figura avvolta nel suo mantello continuava a guardare con sguardo fisso e occhi accesi il disperato uomo di mare, ma questa volta rispose con tono pacato e voce rassicurante: oh uomo, tu sei un buon cristiano, e non è forse scritto nel Vangelo di dare da bere agli assetati e da mangiare agli affamati? Ma il comandante furioso continuò urlando: Ma chi sei? Vai via dalla mia nave! La figura misteriosa si allontanò per la terza volta e subito dopo il cielo si fece buio e il vento iniziò a soffiare imperterrito sulle acque del mare.
Per tutta la notte il comandante non poté chiudere occhio al ricordo di quelle parole e, contrastato nei sentimenti, al solo pensiero di restare imprigionato in quel porto per chi sa quale sortilegio era ormai in preda alla disperazione.
Al mattino seguente le acque si calmarono e i magistrati della città, dopo molti indugi, decisero di recarsi risolutamente dal comandante della nave per supplicarlo di cedere loro un po' di grano, dietro giusto compenso, per sfamare la popolazione della città, ormai ridotta allo stremo. Il comandante fu chiamato d'urgenza per essere condotto sul ponte dove aspettava la delegazione. Tormentato nei pensieri, e insonne per la nottata trascorsa anche a vigilare sugli ormeggi, appena vide i gaetani esausto esclamò con voce rassegnata: son tre notti che non riposo… Mi state tormentando… Il vostro Console è venuto da me già tre volte a chiedermi il grano… ma non posso, capite! Non posso proprio cedervelo…
I membri della delegazione si guardarono attoniti, mentre il più anziano di loro rispose: Signore mai ci saremmo permessi di venir meno ai nostri Statuta, e mai il nostro Console avrebbe fatto un torto più grande alla dignità della sua gente, i carichi dei bastimenti che ospitiamo nel nostro porto sono protetti da contratti inderogabili e da precisi impegni garantiti dalla legge, e ai quali giammai oseremmo contravvenire. Chi è dunque costui che è venuto a nome nostro a chiedere il grano per la città?
E il comandante stanco rispose: un uomo di giovane aspetto, dal viso delicato e dagli occhi splendenti, vestito di un bianco candido e avvolto in un mantello di colore rosso, maestoso e pregiato, ma ciò che mi ha colpito di più era il suo anello, una meraviglia mai vista prima d'ora, e con il quale ha tentato di dissuadermi più di una volta a cedere il mio carico. Chi è costui? Ditemi!
I magistrati si avvicinarono tra loro turbati e, dopo un sommesso parlottare, si rivolsero al comandante della nave invitandolo a seguirli.
Tutti insieme percorsero la banchina e, attraversando l'antica Porta Domnica, ebbero subito accesso al foro della città, sul quale si ergevano imponenti da un lato il palazzo del Console e di fianco la cattedrale con l'artistica torre campanaria. Entrati nella Basilica il comandante fu subito preso dai colori dello stile cosmatesco, dagli affreschi e dallo sfarzo degli arredi, fino a quando non giunse nella navata centrale e in prossimità all'altare maggiore rimase fermo, incredulo e senza parole, un brivido lo attraversò nuovamente, e subito un sudore freddo e poi calore intenso invasero il suo corpo… così gettatosi a terra, si abbandonò ad un pianto dirotto…
L'uomo si trovava davanti l'antico simulacro del principale patrono della città, Sant'Erasmo, e il suo volto, il suo l'anello e il suo mantello, erano la prova inconfutabile di quanto aveva assistito per tre giorni, e che ora lo lasciavano in uno stato di grande confusione. Il vecchio uomo di mare, ritrovata la sua fede e sciolto definitivamente ogni dubbio, rifletté sulle parole proferitegli dal Santo… ora sapeva cosa fare, e non perse tempo, all'istante e in ginocchio, fece voto dinnanzi al simulacro, e al cospetto dei magistrati della città, che avrebbe donato tutto il carico di grano a Sant'Erasmo per sfamare il popolo di Gaeta.
Fatto ciò nelle ore successive la nave aprì le sue stive e rifornì i magazzini della città che iniziarono a distribuire il grano alla popolazione affamata.
Il giorno seguente alla presenza del Console, del Vescovo e di una numerosa folla di cittadini, il comandante insieme all'equipaggio, reso omaggio al Patrono del Mare Sant'Erasmo, o come spesso lo chiamavano i marinai Sant'Elmo, issarono le vele e la nave poté finalmente riprendere il largo accompagnata dai venti favorevoli di bonaccia».